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domenica 12 gennaio 2014

L'angolo della tattica. L'analisi di Atletico Madrid-Barcellona

Un Vicente Calderon bollente; Ventidue calciatori pronti a darsi battaglia; Due argentini in panchina ma diversi tra loro; Due stili di gioco differenti. Ieri sera è andata in scena una gara per certi versi eccezionale, che ha raccontato due microcosmi, due filosofie calcistiche, che probabilmente fino alla fine si daranno battaglia per lo scettro della Liga: Atletico Madrid-Barcellona.

L'Atletico torna così di prepotenza tra i palcoscenici che contano, quelli in cui abbiamo sempre trovato i cugini del Real, e appunto i catalani del Barcellona.

La partita, come detto, ha raccontato praticamente di due filosofie differenti, esclusive tra di loro, ma entrambe efficaci dal punto di vista del risultato. Da una parte, nelle vesti del padrone di casa Diego Pablo Simeone, conoscenza del calcio italiano, ha tenuto fede al suo modo di giocare dai tratti somatici italiani: difesa arroccata, in un 4-4-1-1 in fase di non possesso, con la ricerca della sfera a centrocampo con il pressing sui portatori larghi e transizioni rapide e centripete nella fase finale di gioco.
Il "tata" Martino invece, nonostante abbia provato a dare qualcosa di diverso al Barcellona, si è fatto ipnotizzare anch'egli da possesso palla dal fraseggio e dall'attacco negli ultimi 25 metri con triangolazioni, dal falso nueve e da tutto ciò che il mondo catalano ha da offrire calcisticamente.

La gara è di quelle belle, intense, e nonostante la parità di punteggio, possa indurre a non rischiare nulla, la voglia di vincere dei calciatori ha sopraffatto la logica di un punteggio che ancora, vede le due squadre a pari punti.

Il Barcellona, ormai in maniera classica, schiera il suo 4-3-3 con Fabregas nelle vesti di punta tra Pedro e Sanchez, con Leo Messi in panchina appena rientrato dall'infortunio.
Simeone invece (come comunque ha spesso spiegato nelle interviste concesse, quando si tratta di grandi sfide) punta su un 4-4-2 che in fase di non possesso si riversa in 4-5-1, con gli esterni in veste di mezzale di corsa pronti a recuperare la sfera nelle zone nevralgiche, stringere, ripartire per consentire le sortite dei terzini ed una possibilità di passaggio sul fondo che verte su tre calciatori differenti.

Al via della gara è subito l'Atletico a fare il gioco, in maniera piuttosto prepotente; La squdra si schiera dietro la linea della palla e come detto, Arda Turan a destra e Koke a sinistra, formano la coppia degli esterni, con Diego Costa rapido ad abbassarsi sulla linea del centrocampo Gabi-Tiago e Villa al pressing (per via di uno scatto nel breve migliore) su Busquets che come sempre, si abbassa schierando una difesa a tre in fase d'uscita della palla.

Di fatto, il Barcellona fraseggia molto, allarga il gioco negli ultimi trenta metri portare larga la difesa dei colchoneros, specie sulla sinistra dove Juanfran soffre le sortite di Alba-Pedro, ma questo avviene praticamente solo due volte, poichè l'Atletico, grazie al proprio pressing, porta Turan su Iniesta e Koke su Xavi, dando quindi pressione alle menti del centrocampo ed imprevedibilità alla manovra di Simeone; Infatti, se è vero che gli esterni potrebbero concedere qualcosa in sovrapposizione, è pur vero che la manovra del Barcellona come detto a parte due volte nel primo tempo, non gira mai, Koke e soprattutto Turan, recuperano una quantità spropositata di palloni giocabili, portanto quindi i terzini a risalire, dando ampiezza al campo, permettendo quindi a Villa di uscire dalla zona centrale, e far entrare Diego Costa in modo fisicamente prepotente. Questo modo di leggere la gara presuppone si che Koke, quello meno preparato aerobicamente, giochi più sul lancio da 30 metri anzichè Turan che riesce a fare le due fasi senza problema alcuno, ma sterilizza il gioco del Barcellona che si trova con Fabregas imbottigliato, Busquets troppo schiacciato, e le uniche occasioni arrivano con un tiro da 40 metri di Piquè e una lettura errata della difesa dell'Atletico che concede un cross ed un conseguente tiro strozzato di Pedro. Da segnalare è anche la gara di Filipe Luiz, che nel duello dei terzini batte in maniera netta Daniel Alves...! Lo porta a spasso, lo batte spesso e volentieri nel dribbling e non si fa mai saltare ne da lui ne da Sanchez che spesso staziona da quelle parti, ed inoltre crea 2-3 occasioni che vengono poi mal giocate dai compagni.

Quello che è emblematico del Barcellona è il non gioco dettato da due motivi cardine: Busquets gioca la palla spalle alla porta quando torna alto dopo l'uscita della palla, e Valdes, più che ricorrere al passaggio al compagno numero 16, cerca Alba o Alves, per avere meno difficoltà d'uscita e meno pericoli di recuperi repentini. 

L'intensità della gara è il simbolo dell'incontro, i ritmi sono calcisticamente e tatticamente eccelsi, ed è spettacolare vedere una squadra che in fase di non possesso gioca con un 4-4-1-1 praticamente perfetto e che, con il recupero della sfera, grazie alla chiusura ad imbuto, riparte con 6-7 uomini che stringono e allargano il gioco per i terzini che giocano con un tempismo mnemonico. Inoltre va sottolineata la grandezza tattica di Diego Costa, a cui è mancato solo il lampo davanti la porta, ma che ha condotto una gara sugli inserimenti grandissima. Piquè ha dovuto lavorare come non mai per stringere su di lui ed evitare che questi portasse pericoli tra le linee di difesa.
Di fatto il primo tempo l'Atletico infiamma il Calderon, e bacchetta il tiki taka catalano in stile italiano, con recuperi in mezzo al campo e transizioni fulminee a cui appunto manca solo la lieta conclusione.

Tata Martino capisce che è giunta l'ora di dare al Barcellona quello che manca più di tutti.. E non parliamo solo della fetta di tifosi catalani, ma anche tatticamente... Leo Messi! 
Inutile negarlo, Messi per questa squadra è vitale. Senza di lui il Barcellona non crea mai la superiorità numerica, i passaggi di Xavi ed Iniesta (che uscirà per la Pulga) sono lenti e privi di mordente senza il numero dieci argentino.

Certo, torna da un infortunio e per i primi venti minuti praticamente non tocca palla complice una squadra che fatica a creare (lo ripetiamo, non esiste un pallone che Turan creda di non poter recuperare!) e l'imbottigliamento che i 4 centrali (due difesa-due centrocampo) colchoneros gli hanno creato, ma appena riceve la sfera, anche spalle alla porta, salta l'uomo, gioca la palla, riceve il passaggio di ritorno e va alla conclusione immediata. Due sono errori non proprio da Messi, ma sono tutte occasioni che arrivano grazie ai suoi dibbling alle sue incursioni in mezzo a tre giocatori in maglia "materasso" e di fatto, il tiki taka ha un concreto valore se c'è Messi che negli ultimi venti metri, può decidere, grazie ai suoi dribbling, il destino di un'azione manovrata allo stremo.

Se però da una parte c'è Messi, dall'altra c'è senza dubbio il fulcro della serata, Arda Turan, e non ci stupiamo affatto che questi sia il "pupillo" del Cholo. Le due fasi di gioco sono perfette, i dribbling in mezzo a tre forzano il Barcellona al fallo, ed infine crea un'occasione per Diego Costa che va al tiro con il piatto anziché calibrare di collo o magari di punta ad anticipare Valdes. Se da un lato c'è il Barcellona che gioca in orizzontale, dall'altra parte l'Atletico non smette mai di verticalizzare, di cercare la triangolazione, di prima (come i passaggi di un pur in ombra Koke) andando sempre in fondo con una squadra ed un gioco corale.

La partità con tante occasioni, finirà zero a zero, e magari chi non ha visto la gara, storcerà il naso. Al Vicente Calderon invece è andata in scena una gara per tattica, intensità e ritmo di gioco, al limite della perfezione, a cui, come si suol dire, è mancato solo il gol.
L'Atletico esce dal campo se non da vincitore, con la consapevolezza di poter arrivare in fondo in ogni competizione, poiché ne ha il potenziale, la stoffa e la concentrazione adatta. La Liga è ancora un testa a testa con il Real che potrebbe tornare in corsa... Quella che è andata in scena ieri però, per gli amanti della tattica, è un vero spot per il calcio... Quello vero, quello giocato, e nel mese in cui impazza il calciomercato sterile, dovrebbe trovare maggior risalto.

Ernesto D'Ambrosio

Ernesto D’Ambrosio 22 anni, studia Giurisprudenza a Firenze e sogna da giornalista. Appassionato di calcio, poi basket e tennis, ama l’Inter fin dai tempi di Djorkaeff e della sua indimenticabile rovesciata, ed i metodi di Mourinho dentro e fuori dal campo. Vive di tattica calcistica,italiana ed europea. Ama il calcio verticalizzato e veloce più del tiki-taka. Fuori dal contesto nerazzurro venera il numero 8 del Liverpool. Scrive inoltre di tattica per ilnerazzurro.it, e di storia del calcio per il blog TatticamenteParlando. Twitter: @ErnestSeth

1 commento:

  1. Barcellona è il miglior club del mondo, Barcellona ogni analisi strategica è molto dettagliata e dettagliata. La flessibilità tattica è la chiave per la vittoria a Barcellona. Certo, gli avversari dell'Atletico non possono essere sottovalutati. Ho il desiderio di indossare la maglie caclio 2018 del Barcellona, andare in campo per guardare la partita.

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