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domenica 9 dicembre 2012

L'angolo della tattica. Il Manchester City di Roberto Mancini

 
Grazie al mercato globalizzato, per motivi economici, gli sceicchi, in vista del mondiale 2022 stanno portando avanti il loro nome, il loro marchio e tentano di ampliare la cultura sportiva del loro paese tramite poteri economici che si riversano su squadre importanti con magari un blasone ed un marchio da portare avanti; una squadra che ha beneficiato di questo fenomeno è il Manchester City, che vedono come loro proprietario lo sceicco Mansour, fratello di Khalifa, proprietario dell'Etihad Airways, da cui appunto discende il nome dello stadio dei Citizens.
 
Dal 1 settembre 2008, data d'insediamento degli emiri in società, la squadra è stata soggetta ad un cambiamento dovuto ad un continuo crescendo di acquisti che hanno fatto si che la squadra arrivasse, lo scorso anno, a vincere la Premier, per altro nel modo più rocambolesco possibile, scrivendo una della pagine più emozionanti di questo sport (vittoria contro il Qpr per 3 a 2 all'ultimo secondo, dopo uno svantaggio per 2 a 1 fino al '92).
 
Lasciando da parte gli innumerevoli acquisti, vogliamo analizzare una squadra che nonostante sia seconda in campionato, è uscita nel modo peggiore possibile in un girone di Champions si di ferro (Real Madrid, Borussia Dortmund, Ajax) ma che non giustifica il dato statistico di zero vittorie.
 
Mister Roberto Mancini, comunque sta costruendo una squadra che, nonostante la poca continuità di rendimento, appare spesso piacevole ed in grado di poter giocare un ottimo calcio.
 
La squadra, generalmente si schiera con un 4-3-2-1 sfruttando il gioco sugli esterni grazie soprattutto alla forza e la versatilità del reparto d'attacco.
 
In porta, nonostante non ci sia una grande tradizione di estremi difensori, l'inglese Joe Hart risulta essere un portiere affidabile e sicuro nonostante non lo si possa annoverare tra i migliori d'europa. A livello tattico risulta essere in tutto e per tutto "l'uomo solo" in quanto per Mancini non c'è la necessità che partecipi alla fase d'impostazione e quindi è sempre alla ricerca della rimessa lunga.
 
La difesa, fallito l'esperimento della difesa a tre contro il Real Madrid, schiera sempre i 4 difensori, che sono alla continua ricerca di una manovra fluida e che vada a cercare sempre gli esterni, uomini adibiti al cross per poter così sfruttare la fisicità spiccata della squadra sui cross. Il capitano Kompany è sicuramente il più preparato per interpretare il ruolo del centrale adibito alla fase d'impostazione, riuscendo sempre con invidiabile tranquillità a cercare le linee di passaggio corrette e più congeniali per i compagni. Spalleggiato da Nastasic o Lescott, il baricentro difensivo si affida ai dettami del belga che porta molto alta la squadra così da tenere, in tutte le fasi di gioco, la squadra stretta e compatta.
 
Le fascia destra, orfana di Micah Richards (fuori per infortunio e messo in disparte per attriti con Mancini), si è affidata molto a Zabaleta, che ora ha lasciato spazio ad un Maicon che appena tornato dall'infortunio, sta dando segnali di risalita seppur lenta (ottima prestazione, da Maicon, contro l'Everton). La fascia sinistra è una staffetta tra Clichy e Kolarov, che garantiscono un'ottima fase di spinta ma spesso imbeccano in diagonali errate quando si trovano nella fase di non possesso. Nella fase di possesso comunque la qualità e tanta e le sovrapposizioni sono sempre pericolose, in quanto permettono di creare uno spazio di 6-8 metri agli attaccanti e inoltre costringono le difese avversarie ad allargarsi e creare situazioni pericolose. La transizione a volte appare lenta, ed anche i terzini faticano a comprendere i giusti movimenti in maniera costante, e questa è una mancanza in quanto la squadra non sfrutta tutte le ottime situazioni che riesce a creare dopo il recupero. Mancini aspetta sicuramente una crescita esponenziale di Nastasic ed un Maicon che gli ricordi quello dei suoi anni all'Inter.
 
Il centrocampo ha anch'esso il suo punto fermo che risponde al nome di Yaya Tourè, che con 15 presenze risulta essere il calciatore più impiegato dal Mancio. Nonostante non sia un regista, si sacrifica molto nella fase d'impostazione della manovra, abbassandosi spesso di quei 3-4 metri per ricevere il passaggio iniziale di Kompany, facendo partire così una manovra verticalizzata che come detto, cerca spunto sulle fasce; Tourè detta i ritmi di gioco, come faceva Vieira all'Inter nell'epoca del Mancio: Nel gioco del tecnico di Jesi è fondamentale che ci sia quell'uomo che sul rilancio lungo possa ricevere la palla grazie alla sua fisicità, che detti i ritmi in maniera discontinua in modo da poter essere letale in azioni precise prendendo così la squadra in velocità e quindi alla sprovvista. Per far questo c'è bisogno di un calciatore che sia bravo anche nella fase d'attacco negli ultimi 20-30 metri. Con l'assenza di un regista, Mancini decide spesso di affiancare Barry come mediano in grado di recuperare ottimi palloni e aver la possibilità quindi di giocare di ripartenza.
 
La rosa ampia permette varie scelte in relazione anche alle scelte di gioco della squadra avversaria: Milner, Rodwell, Javi Garcia rappresentano più quei calciatori dediti all'inserimento che comunque si riversano in tutte le zone del campo. In fase di possesso il centrocampo sale di 5-6 metri così da creare densità di manovra d'attacco, lasciando in genere come uomo arretrato il mediano o l'incursore, ergo Tourè è l'uomo che dirige le manovre d'attacco. In fase di non possesso, la squadra si schiera con un 4-4-1-1 con gli esterni che si abbassano cercando di creare densità, lasciando alti Tevez nel ruolo di seconda punta e Dzeko come punta. Spesso però le fasi di non possesso sono poco seguite dagli esterni che, tendono a stare 3-4 metri più alti del solito e quindi permettono agli avversari molti inserimenti senza palla e che creano scompiglio nella diagonale difensiva. Nella fase di transizione la qualità degli esterni però viene fuori, riuscendo con rapidità a conquistare spazi importanti e riuscendo ad accentrarsi attraverso l'ottimo dribbling a disposizione. L'accentramento permette di creare spazi per i terzini che attraverso il cross imbeccano Dzeko o gli inserimenti di Tourè.
 
L'attacco è l'arma in più di questa squadra: Tevez, Aguero, Dzeko, Silva,Nasri e il "nostro" Balotelli garantiscono sempre una varietà di soluzioni e per rapidità della manovra e per caratteristiche tecniche. Silva e Tevez sono gli uomini più impiegati, con l'uno che interagisce da esterno d'attacco sulla fascia sinistra, dedito alla chiusura e agli ultimi passaggi dai 20 metri; l'altro invece è il regista d'attacco e seconda punta goleador: riceve un numero elevato di palloni anche spalle alla porta, e riesce anche ad andare in gol grazie all'aiuto del "triangolo" d'attacco tanto caro a Mancini, che utilizzava già all'Inter, ma col trequartista. Dzeko rappresenta invece la punta e vertice d'attacco fisica ma dai piedi buoni che garantisce un gioco palla a terra e un numero elevato di gol (un gol ogni cento minuti).
 
Nonostante questo, come abbiamo fatto intendere, le punte partecipano poco alla costruzione ed alla fase difensiva, gradendo di più la ricezione in corsa ed il pressing passivo che si limiti alla chiusura degli spazi di passaggio con la presenza fisica. Certo anche in avanti ci sono molti problemi: Balotelli è sempre più sregolatezza e sempre meno genio, continuando a sprecare il suo talento che dovrebbe garantirgli il posto fisso e l'etichetta di trascinatore. Aguero è un ottimo attaccante ma non l'uomo che riesce a tirar fuori tre punti per la squadra da partite pericolose. Nasri si conferma un buon elemento ma non il regista avanzato che Mancini sperava.
 
Si può dunque intuire quanto sia incompleta come squadra il City: Manca un partner di difesa con esperienza, un regista puro che si posizioni davanti la difesa per dettare ritmi con passaggi di qualità in modo da lasciare Tourè libero di fare quello che più gli riesce: l'incursore. Ancor di più a questa squadra manca il cosiddetto fuoriclasse che risolva le partite con costanza anche laddove diventi complicata e di cartello.
 
I giornali si sono dilettati nell'arte della critica attaccando spesso Mancini per le scelte o per la mancanza di gioco, ma nonostante gli eventuali errori del mister, ci sono anche gli errori e dei giocatori, incapaci di fare la differenza nelle partite che contano e nella società che nonostante l'ingente spesa annuale, non ha mai accontentato le vere richieste di Mancini. Come abbiamo già detto, la razzìa nel calciomercato di calciatori non produce nulla se non si ha dietro un'idea chiara in linea con le scelte del mister, che comunque dal Gennaio 2009 ha portato a casa del City i tre titoli nazionali (Premier, Community, FA Cup). Certo la squadra ha ampi margini di miglioramento, ma nonostante tutto urge un progetto che punti su delle linee concordate; troppo facile dare la colpa al mister per ogni capitombolo della squadra.

Ernesto D'Ambrosio
 
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