Prima della partita di Europa League tra Swansea e Napoli pare che la pagina ufficiale dei gallesi sia stata presa d'assalto dai tifosi della Roma, che hanno invitato i sostenitori di casa a cantare cori contro il Napoli, e ad esporre striscioni denigratori nei confronti dei tifosi azzurri ("Vesuvio lavali col fuoco", e robaccia simile). La risposta dei gallesi non si è fatta attendere: “I canti sono proibiti dall’UEFA, è una cosa che noi chiamiamo “razzismo” e “ignoranza”. Siamo nel 2014, dovresti concentrarti sulla tua squadra del cuore piuttosto che sull’avversario. Ma crediamo che in Italia sia un concetto poco diffuso.”
Questa è solo l’ultima delle figuraccia che l’Italia calcistica ha subito in giro per l’Europa.
Un’appendice della farsa che sta avvenendo in questi giorni circa le curve dello Stadio Olimpico che rimarranno chiuse, oltre ai distinti, in occasione della prossima partita casalinga della Roma. La legge contro i cori sulla discriminazione territoriale sta facendo ampiamente discutere, ed è chiaro ormai che gli insulti rivolti ai napoletani siano più una sorta di provocazione al sistema calcio che un vero e proprio sfottò al popolo partenopeo. Questo è ciò che accade quando alcune norme vengono create con i piedi anziché con la testa. Ma il danno è fatto, ed il buon senso dovrebbe spingere i tifosi ad utilizzare le proprie energie a sostenere la propria squadra anziché andare contro la regola, contribuendo così a danneggiare TUTTI: dal sistema-calcio-italiano, che ne esce sempre con meno credibilità agli occhi dell’Europa (non dev’essere gratificante per noi quando un tifoso del Liverpool o del Borussia Dortmund accenderà su Roma-Inter e vedrà quelle curve – e quei distinti – desolatamente vuote); non fa bene ai VERI tifosi, cui viene sottratta la possibilità, specialmente a chi ha già pagato l’abbonamento, di andare a tifare per i propri beniamini; non fa bene ai calciatori in campo, costretti a giocare le partite casalinghe senza l’apporto della parte più calorosa del tifo; danneggia le casse della società, perché è innegabile che gli incassi mancati non siano affatto di poco conto. Qui allora sorge il sospetto…ma a certi tifosi importa davvero della propria squadra?
Un’appendice della farsa che sta avvenendo in questi giorni circa le curve dello Stadio Olimpico che rimarranno chiuse, oltre ai distinti, in occasione della prossima partita casalinga della Roma. La legge contro i cori sulla discriminazione territoriale sta facendo ampiamente discutere, ed è chiaro ormai che gli insulti rivolti ai napoletani siano più una sorta di provocazione al sistema calcio che un vero e proprio sfottò al popolo partenopeo. Questo è ciò che accade quando alcune norme vengono create con i piedi anziché con la testa. Ma il danno è fatto, ed il buon senso dovrebbe spingere i tifosi ad utilizzare le proprie energie a sostenere la propria squadra anziché andare contro la regola, contribuendo così a danneggiare TUTTI: dal sistema-calcio-italiano, che ne esce sempre con meno credibilità agli occhi dell’Europa (non dev’essere gratificante per noi quando un tifoso del Liverpool o del Borussia Dortmund accenderà su Roma-Inter e vedrà quelle curve – e quei distinti – desolatamente vuote); non fa bene ai VERI tifosi, cui viene sottratta la possibilità, specialmente a chi ha già pagato l’abbonamento, di andare a tifare per i propri beniamini; non fa bene ai calciatori in campo, costretti a giocare le partite casalinghe senza l’apporto della parte più calorosa del tifo; danneggia le casse della società, perché è innegabile che gli incassi mancati non siano affatto di poco conto. Qui allora sorge il sospetto…ma a certi tifosi importa davvero della propria squadra?
Il dubbio che molte curve siano riempite in parte solo da fantocci del tifo organizzato è in effetti sempre più concreto. Ricordiamo ad esempio che questa sorta di autolesionismo contro i propri colori, sempre utilizzando lo strumento della discriminazione territoriale, è stato molto frequente quest’anno – la squalifica delle curve di Inter e Juventus è solo l’esempio più clamoroso. È facile poi attribuire la crisi del calcio italiano agli stadi vecchi, ad una mentalità retrograda, alla poca valorizzazione dei sistemi giovanili….il calcio si basa, e si è sempre basato, sui TIFOSI. E se questi sono marci, è chiaro che tutto il sistema è costruito su fondamenta instabili.
Basta guardare una partita qualsiasi del campionato italiano per porsi alcune semplici domande:
- Perché quando il portiere avversario rinvia il pallone, una parte del pubblico grida “oooooooh merda!!”?
- Perché all’annuncio di una sostituzione in campo da parte dello speaker una parte del pubblico urla “E ‘sti cazzi!”
- Perché quando un attaccante avversario sbaglia un gol, alcuni dei tifosi seduti dietro la porta gli rivolgono un campionario di oscenità tra cui insulti, il gesto dell’ombrello, espliciti rimandi ad organi sessuali (notare l’elegante signorina nella foto)?
- Perché quando lo speaker, a pochi minuti dal fischio finale, annuncia alcune istruzioni per i tifosi ospiti, quelli di casa fischiano incessantemente rendendo tale annuncio difficilmente udibile?
- Perché sono sufficienti un paio di risultati deludenti della propria squadra per scatenare critiche, fischi e striscioni offensivi nei confronti del club – vi ricordo che staremmo parlando di TIFOSI – e dei propri dirigenti?
Perché, insomma, non è possibile andare a seguire una partita di calcio in maniera civile?

Belle immagini, che difficilmente vedremo mai nei nostri stadi, preoccupati come siamo ad insultare i napoletani e a fischiare gli annunci degli speaker. Del resto, non è difficile comprender i problemi di questo nostro Paese: se non sappiamo stare in uno stadio, come possiamo stare al mondo?
Stefano Panza
Stefano Panza 27 anni, dopo numerose collaborazioni per siti sportivi ha deciso di mettersi in proprio ideando il blog Puntosport24. E' autore del libro "Smetti di studiare! Smetti di lavorare! (O almeno smetti di farlo nel modo consueto)", edito da Albatros. vive a Roma ma ama Napoli ed il Napoli fin dai tempi di Daniel Fonseca ed Alfredo Aglietti. Amante del basket nostrano (anche qui il tifo per le rappresentanti partenopee è notevole) ma soprattutto quello targato NBA
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