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mercoledì 25 giugno 2014

Flop Italia. Il fallimento di Prandelli, ma non solo

I giudizi meglio farli a mente lucida, meglio ponderarli e pensare in maniera oggettiva a ciò che è successo. Per la seconda volta consecutiva l’Italia esce dai Mondiali nella fase a gironi, e questo dato non può che allarmare il sistema italiano tutto. Uscire dopo la vittoria nella prima gara contro l’Inghilterra lascia ancor di più l’amaro in bocca; Sarebbe bastato un punto ed invece siamo rimasti fermi a quei tre punti che comunque non avevano lanciato un grandissimo segnale. Facile essere disfattisti ora, come era facile essere sul “carro” dopo il 2-1 agli inglesi. Perdere con il Costa Rica e poi con l’Uruguay ha lasciato trasparire problemi evidenti che coinvolgono tutti. Ma andiamo con ordine. 
 
Prandelli nel corso dell’anno 2014 (ergo anche amichevoli pre Mondiale) ha variato spesso sistema di gioco e giocatori, senza mai dare un’impronta tattica alla squadra: 4-3-1-2, 4-3-3, 4-1-4-1 infine 3-5-2. L’Italia è stata l’unica nazionale a variare continuamente modulo senza avere quindi una precisa identità di gioco. Dovessimo chiederci quale fosse la nostra filosofia, in molti avremmo difficoltà a capirlo. Una sorta di tiki-taka scialbo, sempre orizzontale, senza ritmo alcuno. Giocare la palla in orizzontale vuol dire permettere agli avversari di ricompattarsi, e per far si di riaprire le linee, c’è bisogno di gente abile nell’uno contro uno che dia sempre superiorità numerica. E’ chiaro a tutti che l’Italia non dispone di elementi del genere. Prandelli ha perso il controllo della situazione fin da subito: Anziché dare un gioco pragmatico che si incentrasse sulle fasce e sull’intensità degli esterni (con Cerci e Candreva, era l’unica cosa sensata da fare) ha preferito rallentare la squadra, vedasi Costa Rica, gara in cui ha annullato tre registi inserendoli in un contesto di gioco errato, piatto e privo di un uomo che attaccasse gli spazi. L’Italia in questo mondiale non ha mai giocato un grande calcio, ma ancor peggio non ha mai dimostrato di avere un’idea di gioco applicabile ad ogni avversario. Ci siamo spesso limitati al lancio lungo e qualche sovrapposizione che comunque, se fatta di rado, non crea nemmeno tantissimi problemi. 
 
Altre colpe imputabili a Prandelli sono le convocazioni. Inutile rivangare sul Rossi si Rossi no, ma uno come Toni (o al limite Destro), Gilardino oppure Osvaldo (convocati sempre nel corso delle qualificazioni, poi neanche presi in considerazione) avrebbe fatto male ad una squadra che al di fuori di Balotelli (che comunque non è una punta) non possedeva un ariete in grado di sfruttare cross o palle vaganti in area? Ieri, tolto Balotelli, è rimasto il solo Immobile sempre nascosto tra i difensori senza mai fare un movimento di raccordo con la linea di centrocampo. Com’è possibile non aver portato un terzino sinistro di ruolo, capace di allargare il campo di almeno 6 metri, in grado di crossare di prima intenzione tenendo così la difesa avversaria in costante apprensione per via delle diagonali a seguire i movimenti in profondità dei nostri? De Sciglio nella gara di ieri non ha mai crossato con il piede sinistro, è sempre rientrato sul destro, allentando la pressione, permettendo alla difesa di ricomporsi, stringere quindi permettendo al centrale di difesa destro di staccarsi e coprire gli spazi più pericolosi. Non è stato un caso che Gimenez abbia disputato una gran partita… 
 
Altro problema lampante sono stati gli uomini in campo. E’ vero, si poteva portare qualche uomo in più, e vero è che non eravamo fenomeni ma non siamo nemmeno brocchi… Però sarebbe servita più grinta in campo, più voglia di attaccare i portatori, più convinzione nell’andare in superiorità numerica. Invece l’Italia si è limitata alla protezione del gioco, a stare bassa e far avanzare la difesa Uruguagia fino al centrocampo. Poi possiamo anche parlare di arbitro, dell’espulsione completamente inventata, del mancato cartellino rosso a Suarez che non perde occasione per ricordare al mondo del calcio che è tanto forte quanto stupido (chi fa questi gesti a più riprese, è uno stupido!), ed è vero, magari in undici uomini la partita sarebbe finita in pareggio e si parlerebbe d’altro, però è meglio evitare di scendere troppo in queste situazioni e sarebbe meglio risalire cercando di capire dove stanno gli errori. 
 
Infine, bisogna anche parlare di sistema, sistema italiano, che tanto parla di giovani, di costruire talenti, che chiede alle “grandi” di far giocare i propri uomini, ma puntualmente fa orecchie da mercante quando le “grandi” chiedono di poter inserire il Campionato Primavera se non in serie B, quantomeno in serie C. Con le dimissioni di Prandelli e Abete forse è giunto il momento di cambiare le carte in tavola, ristabilire un sistema che riporti l’Italia tra le grandi del calcio. Vero, i periodi di grasse e di magre, sono ciclici e non bisogna disperarsi, ma non bisogna nemeno stare a guardare. Ripartire, possibilmente (mi sbilancio) da Roberto Mancini, grande tecnico adatto al ruolo di selezionatore. Il Mancio ha sempre saputo scegliere calciatori adatti ad un preciso sistema di gioco, e con un po’ di pazienza può essere l’uomo giusto per la risalita. Sarà l’anno zero appena si ripartirà, ed è bene fare le cose con estrema intelligenza.
 
Ernesto D'Ambrosio

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