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mercoledì 5 giugno 2013

La presentazione della Finale NBA. Ecco a voi Miami Heat-San Antonio Spurs


Finalmente ci siamo! Dopo mesi e mesi di partite (più o meno belle e competitive) di regular season, dopo serie su serie di playoff, dopo tante parole, fatti e previsioni, finalmente sta per essere alzata la prima palla a due delle Finals 2013! Il 6 giugno, infatti, l’American Airlines Arena di Miami sarà il teatro di gara 1 e gli occhi di tutti gli appassionati da tutto il globo terracqueo saranno puntati su di essa. Andiamo a scoprire chi rappresenterà le due Conference e come arrivano a questo appuntamento.

La regina dell’Ovest sono i San Antonio Spurs. I Texani, tornati alle Finals dopo 6 anni, hanno riscattato la cocente delusione dello scorso anno, quando sopra 2-0 contro i Thunder, era stati vittima di un blackout improvviso non riuscendo più ad avere ragione dell’avversario e chiudendo anzitempo la propria stagione. E proprio a causa di questo precedente, la truppa di coach Pop, ancora una volta in vantaggio di 2 dopo altrettante gare, era andata a Memphis con le migliori intenzioni di provare a chiudere in 4 e di non lasciare niente ai Grizzlies, che proprio di OKC in semifinale erano stati i carnefici. Detto, fatto: sweep servito, 4-0 finale senza lasciare spazio a discussioni. In realtà il risultato finale della serie non racconta proprio tutto e, anzi, toglie troppo alla squadra del Tennessee, che, a parte gara 1 dove “non l’ha mai vista”, ha sempre dato del filo da torcere agli Spurs, arrivando per due volte vicinissima alla vittoria, portando San Antonio all’overtime. Lì probabilmente la maggior esperienza e abitudine dei vari Duncan, Parker e Ginobili hanno fatto la differenza, con in particolare il caraibico a brillare. Lo sweep inferto ai Grizzlies, però, ha costretto al riposo forzato i neroargento, che sì hanno potuto riposarsi, recuperare energie (non male dopo una stagione NBA) e magari cominciare a studiare gli avversari ancora impegnati nelle proprie finali di Conference, ma è anche vero che non disputare una partita nell’arco di 10 giorni, soprattutto quando sei abituato a giocarne 4/6 in quel lasso di tempo, potrebbe portare qualche problema alla ripresa dell’attività a livello di agonismo messo sul parquet. In America definiscono il problema con “rest or rust”, letteralmente “riposo o ruggine”, ma crediamo che l’esperienza di staff e squadra possa aiutare da questo punto di vista, non facendo perdere troppa brillantezza agonistica e riposando a dovere, specie se hai le tue superstar tutte sopra i 30.

Ad Est come da 3 anni ormai, i vincitori della Conference sono i Miami Heat. Qui, però, la sceneggiatura della serie è stata completamente diversa, con gli Indiana Pacers capaci di far sudare le proverbiali sette camicie alla squadra della Florida. Serie bellissima e nessuna squadra capace di vincere due partite di seguito e arrivata a gara 7, dove Miami, abituata a questo tipo di palcoscenici ha avuto ragione piuttosto agevolmente dei giovani Pacers. Indiana che, però, guarda raggiante al futuro soprattutto grazie all’esplosione definitiva del centrone Roy Hibbert, cresciuto esponenzialmente rispetto all’anno scorso o anche solo a questa stagione, e di Paul George, che nonostante un mezzo passo falso in gara 7, ha battagliato ad armi pari con il numero 1 al mondo, sia in attacco che in difesa, dando la sensazione di assistere alla nascita di una superstar. Tornando agli Heat, nonostante gli enormi meriti di Indiana, la squadra di Spoelstra è sembrata non al meglio, non avendo un contributo sostanziale per tutta la durata della serie dei vari Bosh, Wade e Allen, con gli ultimi due redivivi solo in gara 7, e dando a James l’onere di tirare avanti la carretta pressoché da solo. C’è da dire, però, che la guardia in maglia numero 3, è ormai da tempo frenato da infortuni che probabilmente lo costringerebbero a bordocampo in regular season. Situazione opposta rispetto ai rivali in Finale anche per il fatto che Miami viene da una serie estenuante, molto fisica per tutta la sua durata, e dovrà presentarsi a gara 1 in pratica senza poter usufruire di un adeguato riposo, ma che al contempo può sfruttare la scia d’agonismo derivante dalla serie.

Ora entriamo di più nel dettaglio della sfida. In prima analisi, un po’ superficiale, le Finals possono presentarsi come un duello tra i Big 3 di Miami e quelli di San Antonio. In parte una buona fetta di titolo può decidersi proprio sui 3 uomini chiave delle due squadre e di che giocatori saranno. Sì, perché i “new” Big 3 della Florida in realtà contro i Pacers si sono trasformati in Big 1, e, manco a dirlo, quel 1 sta per LeBron, che estremizzando un po’ il concetto, sembra esser tornato ai tempi di Cleveland quando c’era lui e poco altro. Di sicuro se Wade e Bosh sono quelli visti finora, le chance di vittoria di Miami si assottigliano e non di poco, perché è vero che la difesa di Indiana è tra le top della Lega, ma anche quella di San Antonio non è proprio da buttar via, con inoltre molta più esperienza e capacità di entrare nella psiche degli avversari, specie di quelli con difficoltà di ogni tipo, con quel volpone di coach Popovich pronto ad approfittare di ogni minima debolezza. A quelli “old” del Texas, invece, potrebbe aver fatto giovamento il lungo riposo prima delle Finals, specie ad un 37enne Duncan e ad un acciaccato Ginobili, in lotta con gli infortuni tutto l’anno. Manu da qualche mese sta giocando con regolarità e guarda caso i neroargento sono tornati in Finale…L’argentino, però, sta avendo difficoltà al tiro in tutti questi playoff e proprio lui, e la sua mano mancina, potrebbe essere l’ago della bilancia per gli Spurs. Chi non sta avendo nessun tipo di problema è, invece, TP9, al secolo Tony Parker, a tratti scintillante nella serie contro Memphis. Il francese se continuerà sulla falsariga delle finali di Conference, potrebbe addirittura aspirare al suo secondo titolo di MVP delle Finals dopo quello del 2007.

A proposito di Finals del 2007, proprio quella serie finale fu la prima disputata da James, all’epoca in Ohio, che vide di fronte i texani. Risultato? 4-0 San Antonio con irrisoria facilità. Il 6 degli Heat dice che da allora è 10,20,50 volte più forte e nonostante abbia cambiato canotta, scommettiamo che vorrà vendicare la cocente debacle. Riflettori puntati, dunque, su LBJ (come al solito) con curiosità sull’approccio difensivo che gli opporrà Popovich. La difesa degli Spurs è cresciuta tantissimo nel corso dei playoff e nel corso delle serie stesse. Basti pensare agli exploit in gara 1 e 2 di Curry e Thompson in semifinale, a cui poi è stata messa la museruola per il resto della serie; o a come hanno fronteggiato un attacco efficace come quello incentrato sui big men dei Grizzlies, così diverso da quello anche solo della serie precedente contro i Warriors. Uomo designato a, quantomeno, contenere il prodotto di Akron sarà, più che presumibilmente, Leonard, grande difensore il quale con le proprie braccia interminabili e velocità di piedi può creare qualche grattacapo a James. In realtà per provare a contenere LBJ occorre una difesa globale, di squadra, e pensiamo che lo si voglia limitare tenendolo lontano dal pitturato, dove quest’anno sta viaggiando con percentuali surreali, lasciandogli i così detti “long two”, ovverosia tiri da 2 in prossimità della linea da 3. Qui dovrà essere bravo LeBron e Miami a non cadere in tentazione e a far circolare palla trovando i propri tiratori sul perimetro e sfruttando magari la mano dei big men dalla media, come Haslem, mortifero in almeno due gare contro i Pacers. Dall’altra parte c’è una difesa di Miami che ha mostrato il suo vero volto solo in gara 7 di finale di Conference annichilendo l’attacco (non irresistibile) di Indiana, forzando tantissime palle perse. Proprio alle palle perse dovrà stare attenta San Antonio per non scatenare il letale contropiede degli avversari e regalare punti facili. L’atletismo di Miami, in generale, potrebbe creare qualche problema agli Spurs, che, di risposta, dovranno essere bravi a trattare la palla e ad eseguire in attacco, sfruttando il palleggio-arresto-tiro dalla media di Parker e dando spesso palla dentro a Duncan. TD dovrebbe essere l’uomo barometro della serie, in quanto Miami ha dimostrato tutto l’anno e ancora di più nei playoff di soffrire i big men fisici avversari. San Antonio non ha due lunghi con punti nelle mani come erano Hibbert e West, con Splitter capace di portare contributo ma non di decidere a questo livello, e con Diaw e Bonner aventi altre caratteristiche, che, però, dovrebbero tornare utili per aprire ulteriormente il campo.

Insomma due stili di basket differenti basati su diversi concetti. L’esecuzione, il basket ragionato e la disciplina degli Spurs contro l’esuberanza fisica-atletica, il talento e l’individualità degli Heat. Stili differenti ma al contempo efficaci, portati ai massimi livelli. Manca poco, al più (come si spera) 7 gare e poi il mondo saprà chi diventerà campione NBA 2013, chi potrà indossare l’anello di campione! Mettetevi comodi sul divano…

Francesco Di Cianni

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