Due settimi posti di fila. Una squadra che in Europa – come di recente ha detto un famoso ex allenatore – nessuno quasi più conosce: stiamo ovviamente parlando della Roma. I giallorossi nel corso degli ultimi anni sono entrati in un vortice dal quale sembrava davvero difficile poter uscire: prima di tutto a livello societario, con l’ingresso degli americani, del quale non si è mai capito se tenessero davvero a fare grande la Roma o se avessero solo interessi personali. E poi a livello tecnico: due sono stati i progetti falliti nel corso degli ultimi due anni, per quanto entrambi fossero più che intriganti. Prima quello di Luis Enrique, che prima che la squadra provasse ad andare in porta pretendeva che la palla facesse il giro di tutto il mondo, poi quello di Zeman, che aveva una concezione del tutto diversa, fatta di verticalizzazioni per finire subito in gol. Due progetti falliti per tanti motivi, che sono già stati ampiamente analizzati nel corso dei mesi passati.
Ma ora è tempo di voltare pagina. E’ vero, sono passate solo due giornate e il lavoro da fare è ancora molto, ma intanto la squadra è partita con due grandi vittorie e con zero reti subite. Né con Luis Enrique, né con Zeman la Roma aveva vinto all’esordio (nel 2011 perse in casa con il Cagliari, nel 2012 pareggiò con il Catania sempre all’Olimpico), mentre la vittoria di Livorno nella prima di questo campionato, bissata dal 3-0 al Verona, ha ridato fiducia a un ambiente che sembrava depresso sia dai risultati delle ultime due stagioni, sia da alcune dolorose cessioni estive.
La Roma infatti ha ceduto tre pilastri dell’ultimo campionato: prima è partito il giovanissimo Marquinhos per circa 30 milioni (al Psg), poi Osvaldo per 15 milioni (al Southampton), infine la cessione più dolorosa, quella di Lamela al Tottenham per 30 milioni. Ognuna di queste operazioni merita una riflessione.
Per quanto possa essere stata pesante la perdita di Marquinhos, non si può non pensare che la Roma lo abbia pagato 1,5 milioni e rivenduto a 30 come detto. In tempo di crisi prendere tutti questi soldi per un difensore è un’autentica manna, che poteva avvenire solo per mano di squadre come il Psg degli sceicchi, e soprattutto un qualcosa di assolutamente irrinunciabile.
Lamela è stata la perdita più dolorosa. Sabatini lo aveva definito quello che “se non diventerà un campione io devo cambiare lavoro”. Non aveva torto, assolutamente. Però anche qui non si può tralasciare l’aspetto economico. I 30 milioni incassati sono stati reinvestiti in Ljajic, pagato 11 milioni più bonus e giocatore che ha solo un anno in più di Lamela ma probabilmente la stessa quantità di classe e talento, come ha già dimostrato nella gara con il Verona.
E infine, la cessione di Osvaldo, che pur essendo di sicuro fra i tre l’elemento di minor prospettiva merita l’approfondimento maggiore. L’italo-argentino non è andato in un grande club europeo, come Psg o Tottenham, e non è stato ceduto per bisogno di soldi. E’ finito al Southampton, squadra che lotta per non retrocedere in Inghilterra, e ci è finito di fatto per volontà dei tifosi, che non sopportavano più le sue bizze. Ora, senza voler entrare negli affari dei supportes giallorossi, ma un minimo di tolleranza in più non avrebbe potuto essere più produttiva per tutti, in particolar modo per la stessa Roma? Stiamo parlando di un attaccante che nei due anni italiani ha dimostrato inequivocabilmente, al netto delle bizze, di essere uno dei migliori centravanti del campionato italiano, e il fatto che gli stessi compagni – in primis Totti e De Rossi – si siano più volte espressi per una sua riconferma dovrebbe far riflettere un po’ di più i tanti tifosi che lo hanno voluto mandar via. Con lui, ora la Roma sarebbe davvero da scudetto.
Roma che comunque ha saputo costruire bene la squadra, dopo le tre citate cessioni. Maicon potrebbe rivelarsi ancora oggi il miglior terzino della serie A, in un ruolo dove c’è una penuria di giocatori, ed è candidato per essere uno degli affari dell’anno. Strootman lo voleva mezza Europa ma ha scelto la Roma. De Sanctis potrebbe essere quel portiere d’esperienza che negli ultimi anni è mancato alla Roma. Benatia un buon rimpiazzo per Marquinhos. E poi attenzione alla classe e al talento di elementi che sono rimasti, come Pjanic e Florenzi. Il tutto, sempre sotto la guida di Totti e De Rossi. Il primo ha di recente rinnovato fino a 40 anni, mentre “Capitan futuro”, nonostante le voci, non ha mai pensato di potersene andare da Roma.
Senza dimenticare il condottiero, ovvero Rudi Garcia. Arrivato tra lo scetticismo generale, si è subito fatto ben volere, imparando da subito la lingua e mostrando di saper ben motivare e dare una propria identità alla squadra. E’ presto ovviamente, e la prima prova del nove ci sarà già lunedì, quando i giallorossi andranno a casa del grande ex Cassano, sul campo del Parma. Ma le sensazioni nell’aria sembrano davvero diverse da quelle delle ultime due stagioni.
Luca Binda
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