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domenica 24 febbraio 2013

Il Punto sull'NBA. Miami indiscussa padrona della Eastern Conference. Ad ovest Spurs o Thunder?


Si avvicina il mese di marzo, entriamo sempre più nel vivo della stagione NBA ed ormai mancano non molte partite da disputare prima di entrare nella post-season. Da pochi giorni, inoltre, si è superato il weekend dell’All Star Game e il giorno (il 21 febbraio) termine ultimo per effettuare trade e movimenti importanti per rivoluzione o puntellare il roster con il quale, le squadre di vertice, si giocheranno la lotta per il titolo e l’ambitissimo anello di campione. A questo punto si possono cominciare a tracciare i primi bilanci e a “mettere il proprio dollaro” (o euro che sia) su una squadra piuttosto che su un’altra. Quest’oggi cerchiamo anche noi di analizzare le squadre migliori, quelle con più chance di andare a giocare l’ultima partita della stagione, quella che l’anno scorso ha visto di fronte Oklahoma e Miami, con il trionfo di quest’ultima dopo 5 confronti. 

Ma entriamo nel dettaglio e cominciamo la nostra analisi dalla costa Est degli Stati Uniti. L’anno passato si era concluso con la vittoria di Conference della squadra della Florida (come l’anno prima del resto) e ad oggi ritroviamo in vetta ancora loro: gli Heat. Miami sta attraversando un periodo fantastico, per risultati e dominio sugli avversari e attualmente sembra davvero uno, se non due gradini sopra tutte le dirette avversarie ad Est. Per la verità questa svolta l’hanno avuta negli scorsi playoff, per la precisione contro Indiana (semifinale di Conference) quando sotto nella serie (2-1), sotto nel punteggio a metà gara, Wade e James (Bosh era infortunato) hanno preso per mano la squadra trascinandola al successo nella partita, chiudendo poi 4-2. Svolta, però, che è stata anche tattica: coach Spoelstra ha optato, con il rientro di Bosh, ad un quintetto piccolo con il numero 1 da centro, “allargando” così il campo dando più spazio di manovra per le scorribande di LBJ. Bosh è rimasto a fare il centro stabilmente anche in questa stagione e al momento i risultati continuano ad arrivare, anche per il fatto che LeBron da quando si è messo finalmente al dito quell’anello, sembra giocare ancora meglio (semmai fosse possibile), più libero di testa e facendo sempre le scelte giuste. Se a tutto questo, aggiungiamo che in estate è arrivato, dagli acerrimi rivali di Boston, “He got game”, al secolo Ray Allen, il miglior tiratore della storia della lega, bè non si può che considerare ancora gli Heat come i grandi favoriti per rappresentare la costa orientale nelle Finals. 

Gli unici che sembrano rappresentare un pericolo per i campioni in carica, sono i New York Knicks. La squadra della grande mela aveva iniziato la regular season in maniera celestiale, giocando un basket divertente e, soprattutto, efficace, con un leader offensivo come Anthony e uno difensivo come Chandler, a cui vanno sommati il talento di JR Smith, quest’anno apparentemente sotto controllo, e l’esperienza decennale di Kidd. Con il nuovo anno i ragazzi di coach Woodson hanno cominciato a mostrare qualche segnale di scarsa continuità e rendimento. Molti trovano la causa di questi stenti con il rientro di Stoudemire, che per la verità sembra aver accettato in pianta stabile un utilizzo dalla panchina, per non minare agli equilibri che aveva la squadra nella prima parte di stagione. Un calo era probabilmente preventivabile, ma se i Knicks riusciranno a concludere la regular season con il secondo record ad Est e ad avere il vantaggio del fattore campo fino alle semifinali di Conference, sembrano essere i favoriti per arrivare ad affrontare gli Heat per il titolo ad Est. Certo partirebbero con i pronostici a sfavore e senza il vantaggio di poter giocare un’eventuale gara 7 al Madison, ma di sicuro una squadra con quella quantità di talento può dare fastidio a chiunque, portando Miami a faticare le fantomatiche 7 camicie per spuntarla. 

Al momento non si intravede un’altra squadra che possa insidiare Heat e Knicks. Le uniche due che potrebbero farci un pensierino sono Indiana e Chicago, ma entrambe sono legate in qualche modo agli infortuni. Ci spieghiamo meglio. I Pacers sono una delle migliori squadre difensive della NBA e hanno un All Stare in più, Paul George, rispetto lo scorso anno quando già avevano fatto faticare i futuri campioni ai PO. Tuttavia non sembrano avere le credenziali per arrivare fino in fondo. Ma a giorni dovrebbe rientrare l’altro All Star e vera stella della squadra, Danny Granger. Granger potrebbe portare quella dose di talento che manca all’attacco di Indiana, ma tutto sta a come riuscirà ad integrarsi a stagione in corso, con l’esplosione di George e soprattutto a vedere in che stato fisico tornerà, dopo essere stato ai box per molti mesi. Stesso discorso vale per Rose. L’ex MVP è fermo dalla prima gara degli ultimi playoff, dopo il terribile infortunio al ginocchio e il suo rientro è addirittura in dubbio per questa stagione. Semmai dovesse rientrare avrebbe letteralmente in mano i destini dei Bulls, che con lui sarebbero automaticamente una di quelle squadre da temere per tutti, e che senza potrebbero ambire al passaggio di un turno, niente di più. Ma anche se ce la facesse a rientrare, occorrerà vedere se sarà il “vero Rose”, subito in grado di dare un contributo importante. Noi ce lo auguriamo, ma sembra alquanto difficile al momento… 

Ad Ovest la situazione è decisamente più incerta ed equilibrata. Se, infatti, sull’altra costa la leadership degli Heat sembra insidiata da lontano solo dai Knicks, qui le cose si fanno molto più interessanti. La squadra “nuova” rispetto le ultime edizioni, sono senza dubbio i Los Angeles Clippers. Attualmente titolari del terzo miglior record, i Clips vanno dove li porta CP3. Dal roster dello scorso anno, hanno aggiunto profondità ed esperienza con gli innesti di Crawford, Barnes, Odom, Grant Hill e il ritorno di Billups, non certo gli ultimi arrivati. Ma nonostante queste importanti aggiunte, e i vari Griffin, Butler e Jordan, tutto è in mano a Paul. Il sistema di gioco dei Clippers si basa molto sull’enorme ispirazione del geniale play ed è presumibile che lo sarà ancora di più nei PO, con ritmi più compassati. Di certo sono cresciuti molto, per consapevolezza, talento ed esperienza, ma è probabile che sia ancora troppo presto per loro e che ancora manchi qualcosa per arrivare a giocarsi l’ultima partita della stagione. Certo, CP3 permettendo… 

Ma non si può non fare un breve accenno anche ai cugini gialloviola, che attualmente non farebbero i playoff (e non è così scontato che li facciano). Ma Kobe ha assicurato che i Lakers saranno presenti ai nastri di partenza della post-season e nessuno vorrebbe trovarseli eventualmente di fronte, considerato il talento e l’esperienza che possono mettere in campo. E se mai dovessero mettersi d’accordo i vari Bryant, Nash, Howard, Gasol, allora ci sarebbe da divertirsi. Attualmente sembra difficile che possano impensierire le corazzate dell’Ovest, ma questa è l’NBA (e questi sono i Lakers) e le cose possono cambiare piuttosto velocemente. 

Ad oggi la favorita per rappresentare la Conference nelle Finals sembra essere San Antonio. Gli Spurs ogni anno sono dati per morti, troppo vecchi e bisognosi di un rinnovamento, ed, invece, ogni anno sembrano ringiovanire, giocando sempre meglio e macinando vittorie su vittorie. Certo è che i tre leader della squadra, Duncan, Ginobili e Parker, non sono più ragazzini (quest’anno spegneranno rispettivamente 37, 36 e 31 candeline), ma il caraibico sta giocando la sua migliore stagione da almeno 3 anni a questa parte mentre il franco-belga sta disputando una regular season da MVP. I Texani sono la squadra che gioca il miglior basket della Lega e anche numeri e risultati gli danno ragione. Il roster è tra i più profondi e coach Pop è senza ombra di dubbio uno dei 3-4 allenatori migliori degli ultimi 15 anni. E allora, vi starete chiedendo, cosa può fermare gli Spurs?? Probabilmente le uniche due variabili che possono tenere lontani i nero-argento dalle Finals sono la carta d’identità e gli infortuni. Bisognerà vedere come arriveranno alle partite che contano sia in termini di condizione fisica sia in termini di affollamento nella lista degli indisponibili. Già l’anno scorso, dopo essere andati in vantaggio per 2-0 nella serie contro i Thunder, San Antonio si è sciolta come neve al sole perdendo le successive 4 gare e venendo rispedita a casa dalla freschezza e dall’esplosività di OKC. Inoltre quest’anno più volte Ginobili, forse il vero barometro della squadra, è stato costretto a guardare i compagni da bordocampo. Insomma le qualità per arrivare fino in fondo ci sono, ma occorrerà vedere come arriveranno al momento decisivo della stagione. 

Se da un lato gli Spurs possono contare sull’esperienza e sul gioco, i detentori del titolo di Conference dei Thunder possono far valere la loro freschezza atletica, il loro spropositato talento individuale e la loro voglia di arrivare. Gli scorsi playoff sono stati emblematici per Oklahoma, che prima ha spazzato via chiunque gli si parasse davanti fino a raggiungere le Finals contro Miami, perdendo solo 3 partite in altrettante serie contro squadre che avevano vinto 10 degli ultimi 13 titoli. Ma contro Miami, Okc ha probabilmente sofferto un po’ la pressione mediatica della prima finale e nonostante aver vinto la prima gara e avere il fattore campo dalla sua, non è poi stata più in grado di prendersi un’altra vittoria. Si può comprendere se nessuno dei tuoi 4 migliori giocatori (Durant, Westbrook, Harden, Ibaka) ha compiuto 24 anni, ma è anche vero che la loro giovane età, freschezza e quel pizzico di “incoscienza” che non manca, li avevano trasportati fino a lì. Per fare l’ultimo passo non è bastato, ma siamo sicuri che con quell’esperienza, con quella pesante sconfitta, i giovani Thunder possano aver fatto un ulteriore salto di qualità. D’altronde ci sono passati tutti, compreso LeBron, che ha dominato quelle Finals. È altrettanto vero che i Thunder sono cambiati da allora, rivoluzionando la squadra, cedendo il sesto uomo di extra-lusso Harden e prendendo in cambio Kevin Martin, che di certo non è il “Barba”, ma sta producendo tantissimo in uscita dalla panchina, con i suoi 15 punti a gara ed un eccellente 43% da dietro l’arco, punendo i raddoppi che arrivano su Durant e Westbrook. A questo aggiungiamo un anno in più di convivenza sul parquet e l’ulteriore crescita di KD35, che oltre a viaggiare con surreali dati realizzati con il 51% dal campo e il 42% abbondante da 3, è salito di livello soprattutto per visione e capacità di leggere il gioco, dimostrato dalle 4,5 assistenze a sera, 1 in più rispetto alla passata stagione. In sostanza, i favoriti ad Ovest per noi dovrebbero essere ancora loro. E poi sarebbe oltremodo interessante vedere il rematch della passata edizione delle Finals, con le stelle più luminose del firmamento cestistico mondiale, LBJ e KD. 

Si sa che tutti fanno le proprie previsioni e danno i propri giudizi, ma alla fine solo il campo può decidere le sorti di ogni squadra. Una serie, una stagione, può girare per un tiro mandato a bersaglio o corto sul primo ferro, per un caviglia girata, per una scelta di un allenatore o di un giocatore. Ma questo è la bellezza dell’NBA e dello sport in generale, altrimenti sarebbe tutto scritto e vincerebbe sempre e solo il migliore. Non vediamo l’ora anche noi di gustarci questo finale di stagione e i playoff per arrivare insieme all’ultima pagina e alla soluzione del giallo. 

Francesco Di Cianni

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