Come spesso accade, e com’è ovvio che sia, le trade NBA tendono ad avvantaggiare tutte le franchigie comprese nello scambio, e sembra così anche stavolta. Quella che ha portato James Harden a Houston è forse una delle più rocambolesche degli ultimi anni in quanto Il Barba, così ribattezzato, era diventato a furor di popolo un elemento caratterizzante degli Oklahoma City Thunder.
La volontà di rinnovare con i Thunder il contratto del miglior sesto uomo della scorsa stagione c’era da entrambe le parti ma a patto, a detta di Harden, di ottenere il massimo stipendio possibile, ovvero 60 milioni in quattro anni, cifra che Oklahoma City poteva permettersi soltanto a costo di sfondare dall’anno prossimo la luxury tax, avendo già a libro paga Durant, Westbrook, Ibaka e Perkins con uno stipendio significativo. Ma probabilmente la vera ragione della rinuncia ad Harden non è stata la tassa di lusso, bensì la prospettiva di una pericoosa immobilità nel mercato per i prossimi anni.
Ecco dunque la grande occasione, portarsi a casa un’altra guardia di talento come Kevin Martin, bloccata nel recente passato soltanto da una lunga serie di infortuni, che ha il contratto in scadenza l’anno prossimo permettendo dunque ai Thunder di poter scegliere dal mercato dei free agent un valido sostituto; un playmaker creativo come Jeremy Lamb, di cui si dice un gran bene, e soprattutto tre scelte future (di cui due al primo giro) di una squadra, Houston, che difficilmente riuscirà a piazzarsi in buone posizioni, aumentando notevolmente la probabilità che le scelte donate ai Thunder finiscano nella lottery.
Flessibilità sul mercato ed ancora tantissimi giovani, queste le ricette di Oklahoma City per rimanere sulla cresta dell’onda. Certo la perdita di Harden peserà non poco, ma bisogna ricordare che si tratta di un giocatore unidimensionale, votato quasi esclusivamente all’attacco e che, quando le partite contavano di più – vedi agli ultimi playoff – è stato decisamente meno utile di Sefolosha, la guardia molto più difensiva a cui Il Barba subentrava abitualmente. Inoltre non sottovalutiamo Kevin Martin, giocatore che fino a due o tre anni fa era ritenuto uno dei migliori scorer della lega. Probabile utilizzo dalla panchina anche per lui, cui si chiederà un buon numero di punti nei momenti in cui Westbrook e Durant siederanno in panchina per riprendere fiato.
Houston, dall’altro lato, ha di che festeggiare. Dopo un mercato caratterizzato da un vasto numero di scommesse (Lin e Asik con contratti significativi, oltre a tre rookie - diventati due con la cessione di Lamb -cui si darà ampio spazio fin dall’inizio) ecco arrivare una certezza. Niente più panchina per Harden, ora a Houston gli chiederanno di trascinare la squadra fin dal primo minuto a suon di canestri. Concretizzare gli assist di Lin e i rimbalzi offensivi di Asik sarà compito suo. Da Oklahoma City sono arrivati anche Dequan Cook e Cole Aldrich: il primo è una guardia con un buon tiro da tre, il secondo è un lungo con buone prospettive dinanzi a sé.
Il futuro dei Rockets tuttavia non diventa immediatamente luminoso. Conquistare i playoff ad ovest resta un’impresa titanica, e per il futuro tutto dipenderà dalla crescita dei rookie (in particolare Terrence Jones) e dall’impatto di Jeremy Lin. Sul contributo di James Harden non ci sono grossi dubbi.
Nessun commento:
Posta un commento